La collezione delle Biccherne conservate presso l’Archivio di Stato di Siena comprende anche la tavoletta n. 106, esposta in coda alla Collezione, ritenuta copia di un originale conservato a Budapest (Szèpmüvèszeti Mùzeum, inv. n.1) di cui riproduce con buona approssimazione l’iscrizione e gli stemmi dei Quattro provveditori e le tavolette nn. 107, 108, 109, 110, 111 attribuite alla mano di un unico falsario, esposte nell’Ufficio dei funzionari dell’Archivio. Il cambiamento di gusto che all’inizio dell’Ottocento guida tanti viaggiatori stranieri, studiosi e collezionisti verso Roma valorizza molto Siena, ricchissima di opere d’arte medievali. Progressivamente, sulla scia del grande commercio antiquario sviluppatosi tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del secolo successivo nel capoluogo toscano per l’interesse ai “primitivi”, si sviluppa anche a Siena una fiorente attività finalizzata al recupero, restauro e copia di oggetti medievali, all’interno della quale hanno un posto rilevante anche le Biccherne. L’attività di esportazione di oggetti d’arte è ampiamente documentata nell’Archivio dell’Ufficio competente attivo presso l’Istituto di Belle Arti di Siena ora conservato in Archivio di Stato. Protagonista di quel momento storico è, soprattutto, Icilio Federico Joni (Siena 1866-1946) “pittore di quadri antichi” come egli stesso scrive nel suo libro di memorie che tra 1894 e 1906 invia oltre 60 biccherne oltre confine.
Se la concezione di restauro in quel momento poteva significare anche ricostruzione e rifacimento è interessante notare come le biccherne concepite da Joni ed assai apprezzate perché ritenute autentiche non avevano attinenza formale con le originali, molto più semplici e “primitive”. In questo contesto culturale e commerciale di primo Novecento Herbert Percy Horne, londinese, collezionista, mercante di opere d’arte e fondatore dell’omonima fondazione ancora oggi attiva a Firenze dona nel 1908 all’Archivio di Stato di Siena, allora diretto da Alessandro Lusini, 5 frammenti di tavolette. Ricostruite fino ad assumere un aspetto simile alle autentiche, su commissione del Lusini o direttamente di Horne sulla base della documentazione archivistica, presentano sul verso le stazioni della Via Crucis. Dopo essere state disperse o vendute nel quadro di una dispersione generale delle biccherne nel secolo precedente, il legno fu sagomato a cartiglio e riutilizzato come Via Crucis dalla Compagnia di S. Maria in Portico a Fontegiusta che, successivamente (1904) nell’ambito di lavori di restauro alla chiesa le vende insieme ad altri arredi. Le tavolette acquistate in primo momento da Foresto Mazzoni, (Siena 1856-1939) collezionista e commerciante fondatore della Casa d’Arte Antica Senese, che aveva stretti rapporti di collaborazione con Joni, avevano già attirato l’interesse del direttore Lusini che ne aveva proposto l’anno prima della donazione (1907), senza successo, l’acquisto al Ministero dell’Interno da cui a quel tempo dipendevano gli Archivi di Stato.
La vicenda è approfondita in: M. A. Ceppari Ridolfi e G. Mazzoni, Biccherne perdute e falsi d’autore, in Le biccherne di Siena. Arte e finanza all’alba dell’economia moderna, a cura di A. Tomei, Siena 2003, pp. 70-88.
Vi proponiamo inoltre, la puntata di Rai cultura per la serie “Italia, viaggio nella bellezza”, dal titolo La bottega del falsario. Storie di falsi del Novecento, che ricostruisce anche la figura di Icilio Federico Joni e che abbiamo contribuito a realizzare.